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Nell’immagine di copertina particolare del ritratto di Santa Teresa d’Avila di Peter Paul Rubens e l’immagine di Anna del Gesù

Ieri nella Messa allo stadio “Re Baldovino” di Bruxelles, Papa Francesco ha elevato agli altari Anna di Gesù, religiosa vissuta nel Seicento che fu stretta collaboratrice di Santa Teresa di Gesù o d’Avila.

Ecco il ritratto della religiosa nelle parole del postulatore insieme alla monografia dettagliata su Santa d’Avila

La Monaca Anna del Gesù aiutò santa Teresa d’Avila a riformare il Carmelo

di Marco ChiesaPostulatore generale dell’ordine dei carmelitani scalzi

Stretta collaboratrice di santa Teresa di Gesù, che aiutò a riformare l’ordine Carmelitano e di cui raccolse gli scritti, conobbe anche san Giovanni della Croce, il quale le dedicò una delle sue opere più note. Bastano queste poche note biografiche per comprendere l’importanza della figura della monaca Anna di Gesù (al secolo Anna de Lobera y Torres), che Papa Francesco ha proclamato beata questa mattina, 29 settembre, durante la Messa allo stadio “Re Baldovino” di Bruxelles, prima lasciare Belgio.

Nella capitale belga era infatti morta all’età di 76 anni il 4 marzo 1621 ed è tuttora sepolta.

Nata il 25 novembre 1545 a Medina del Campo, in Spagna, nel 1570 entrò tra le Carmelitane scalze nel monastero di San José di Ávila e svolse l’anno di noviziato avendo come maestra santa Teresa di Gesù, con la quale, dopo tre mesi, si trasferì nella nuova fondazione della comunità di Salamanca.

La monaca Anna del Gesù beatificata da Papa Francesco

Nel 1570 conobbe anche san Giovanni della Croce, che le dedicò il commento al Cantico Spirituale.

Il 22 ottobre 1571 la giovane emise la professione religiosa e fu incaricata della formazione delle novizie. Nel 1575 fu nominata superiora della nuova comunità di Beas de Segura in Andalusia. 

Nel 1582 santa Teresa la incaricò di fondare un monastero a Granada e, quattro anni dopo, ella diede inizio a un altro monastero a Madrid, dove dovette far fronte alle prime difficoltà per difendere le Costituzioni di Alcalà, (1581), contestate da alcuni. In tale clima polemico Anna fece ricorso a Papa Sisto v, che la sostenne approvando le Costituzioni teresiane. Subentrarono, però, ulteriori complicazioni e, poiché il suddetto ricorso alla Santa Sede fu considerato un atto di imprudenza e di disobbedienza, Anna venne punita per tre anni, cosa che  accettò con umiltà e obbedienza eroiche.

Quindi, allo scadere del tempo fissato per la penitenza, nel 1594 fu trasferita a Salamanca, dove fu eletta priora. Nel 1604, guidata da Pietro Bérulle, con la beata Anna di san Bartolomeo e altre quattro monache, passò in Francia, dove fondò i monasteri di Parigi (1604), Pontoise e Dijon (1605). Alcuni dissensi col Bérulle, che sembrava dare al Carmelo francese un’impronta non corrispondente all’ideale di santa Teresa, e il desiderio di essere diretta dai Carmelitani scalzi spinsero Anna ad accettare l’invito degli arciduchi del Belgio e a trasferirsi nelle Fiandre, dove fondò i monasteri di Bruxelles, Lovanio e Mons (1607).

Già all’età di sedici anni ella aveva promesso di «entrare nella comunità più austera che esistesse e di ricercare continuamente la volontà di Dio». Il suo direttore spirituale le fece incontrare santa Teresa d’Ávila, con la quale collaborò molto e della quale si impegnò a raccogliere gli scritti. Nella  vita e specialmente nelle difficoltà, Anna non si lamentava mai, anzi era sempre di sostegno e di conforto a tutti. Sentiva più vive le tribolazioni degli altri che le proprie e aveva i doni della consolazione, del discernimento e del consiglio. Anima profondamente contemplativa, sapeva trasfondere nell’azione la sua intensa esperienza di fede e il suo straordinario amore verso il Signore Gesù.

Dopo aver governato il monastero di Bruxelles per quattordici anni, durante i quali subì grandi sofferenze interiori e fisiche, vi morì il 4 marzo 1621, lasciando fama di grande santità, comprovata anche da grazie e miracoli. Ciò portò a istruire i Processi ordinari nel 1635 a Malines-Bruxelles, Anversa, Tournai, Cambrai e Douai (Arras), che furono inviati a Roma nell’agosto 1636, ma, in ossequio alle norme di Urbano viii, rimasero chiusi fino al 1680.

La causa fu introdotta a Roma il 2 maggio 1878. Tra quell’anno e il 1898 si svolsero i Processi apostolici e si portarono avanti tutte le altre procedure (super continuatione famae sanctitatis, super scriptis, de non cultu) completando l’iter della Causa. E il 17 maggio 1904 fu concesso il Decretum super validitate processuum; quindi si poté procedere alla preparazione della Positio Super Virtutibus, stampata nel 1905, ma che per diverse circostanze esterne alla Causa non venne discussa fino al 2014.

Papa Francesco ha riconosciuto l’eroicità delle virtù il 28 novembre 2019 e approvato un miracolo il 14 dicembre 2013, rendendo così possibile la beatificazione, che sarà da lui presieduta. La data della memoria liturgica è il 25 novembre.

Santa Teresa d’Avila – Teresa de Ahumada y Cepeda

pubblicato in origine da Santi e Beati

Teresa de Jesús, la donna che salì al sommo della gloria mondiale per la grandezza della sua santità e per lo splendore delle sue imprese, venendo anche nominata, come prima donna, Dottore della Chiesa, nacque ad Avila il 28 marzo 1515, da Alonso Sánchez de Cepeda e da Donna Beatrice de Ahumada.
La sua fanciullezza fu segnata da un precoce amore per il Signore, insegnatole soprattutto dalla madre.

È famoso il suo tentativo di fuggire alla terra dei mori, col fratellino Rodrigo, per trovarvi il martirio, o il suo costruire insieme a lui, nel giardino paterno, romitaggi e monasteri, per vivere nella solitudine l’incontro con il Signore.

Teresa è una bambina che amava ripetere: Sempre, sempre! pensando di morire e così di vivere sempre con Dio.

Nascita di una vocazione

Verso i 14 anni rimase orfana di madre; l’adolescente a contatto con una cugina piuttosto frivola e subendo l’influsso dei romanzi di cavalleria, una passione della madre che li leggeva di nascosto dal marito, s’inclinò alla vanità. Provò un affetto intenso per un cugino, proprio nel periodo in cui la sorella maggiore Maria si stava sposando e quindi sarebbe venuta a mancare una presenza femminile nella sua casa.

Teresa d’Avila, François Gérard, 1827

Il padre decise allora di seguire l’uso delle famiglie benestanti della città, affidandola per la sua educazione alle Agostiniane di Avila. Qui Teresa ebbe la fortuna di incontrare una santa religiosa; il frequente contatto con lei riuscì ad allontanarla dalle vuote compagnie e a porre nel suo cuore il germe di una vera vocazione.

A 21 anni infatti, dopo l’opposizione paterna alla sua chiamata, fuggì il 2 novembre 1536 dalla sua casa per entrare nel monastero carmelitano dell’Incarnazione di Avila, consacrandosi per sempre al servizio di Dio. Si distinse, giovane professa, per la sua singolare virtù; ma purtroppo una strana e misteriosa malattia la colpì nel fiore della sua età, portandola quasi alla morte. Anzi, sembrò a chi le era vicino già morta, tanto che le scavarono la fossa nel cimitero monastico.

Dopo quattro giorni di catalessi, riprese a vivere: era però in uno stato pietoso. Rattrappita per fortissimi dolori di nervi, si ravvolgeva in se stessa come un gomitolo. Quello che i medici non riuscirono a fare, lo fece la preghiera e il ricorso ai santi del cielo: S. Giuseppe, il santo che fu da lei tanto prediletto, la riportò alla salute, con un vero miracolo.

Convalescente, tornò al monastero dell’Incarnazione, dal quale era uscita per le cure. Riprese la sua vita ascetica e la sua fervente preghiera, stimolata nella direzione dell’orazione dalle letture indicatele dallo zio Pietro di cui era stata ospite.

Il demonio però, prevedendo che proprio quella giovane religiosa avrebbe potuto strappargli col tempo molte persone, con la sua attraente personalità e col suo amore per Dio, fece quanto poteva per spegnere nel cuore la fiamma di questo comunicativo amore.

Attraverso le grate del monastero, Teresa incominciò a dialogare con molte persone del secolo, portando la conversazione anche su questioni frivole e piuttosto mondane, fino – dice lei stessa: – “a vergognarmi di continuare con Dio quella particolare amicizia che deriva dall’orazione”. Teresa però legge questo periodo della sua vita quando è giunta al culmine della sua personale maturazione e interpreta queste sue mancanze con colori più oscuri della verità stessa.

Dio stesso però, che vegliava su di lei, con segni interni ed esterni di disapprovazione, le fece capire la meschinità del suo comportamento. Teresa si dette per vinta: troncò ogni relazione con le persone che la frequentavano e tornò con molta generosità alla pratica dell’orazione, prima assai trascurata.

Da allora in poi l’orazione divenne il suo bene più grande, disponendola ad un rapporto sempre più profondo con Dio. Raggiunse così in un tempo relativamente breve le vette più alte e l’amore pieno e totale verso Dio e verso le sorelle. Ormai muove passi da gigante. Trasportata sulle ali dell’orazione, può irradiare intorno a sé tanta luce da illuminare chi le sta attorno.

La cristianità stava attraversando in quell’epoca una forte crisi, specialmente per quella che allora era detta l’eresia dei luterani. Giungevano spesso all’orecchio della santa le sofferenze che la lacerazione della Chiesa provocava in Francia e in altre nazioni: ella ne sentiva un dolore e una pena profonda. Avrebbe voluto fare chissà quali cose, pur di ovviare a nuove divisioni, ma… si sentiva donna e, come tale, allora impossibilitata a compiere grandi cose. Non si rassegnò però all’immobilità e si decise a fare tutto quello che poteva: osservare i consigli evangelici con la più grande perfezione e procurare che facessero altrettanto tutte quelle che avrebbero voluto seguirla.

Scelta per una nuova impresa

Illuminata dal Signore, dopo aver parlato insieme ad alcune sorelle dell’Incarnazione, pensò ad una Riforma del Carmelo, ritornando alle sorgenti della primitiva Regola carmelitana.

Il 24 agosto 1562 ebbe così inizio la fondazione di San Giuseppe: il suo primo monastero riformato, che poté attuare in mezzo a moltissime difficoltà di ogni genere, sia da parte della città stessa, sia da parte di alcune persone forse istigate dal demonio.

Le nuove monache, strette in severa clausura, consumano la loro vita nella preghiera, nella mortificazione, nella comunione fraterna e nel lavoro. Alla liturgia delle ore del coro seguono due ore di orazione mentale; nel cibo si astengono completamente dalle carni e aggiungono altre penitenze.
Consumano quindi la loro vita in olocausto di gradito odore, per la gloria di Dio, per la salvezza dei fratelli vicini e lontani e si spendono in un apostolato indispensabile ed efficace per la Chiesa tutta.

Alla prima fondazione ne seguiranno altre sedici. I mezzi di trasporto da un monastero all’altro sono carri rozzi e malmessi: ella saprà cambiarli in una sorta di monasteri ambulanti, dove con un campanello si davano i segni della preghiera, della ricreazione e del silenzio, pagando i carrettieri e i viaggiatori, perché rispettino il raccoglimento delle monache.

Se l’insediamento di una comunità e la sistemazione del monastero dovrà farsi a volte di notte, per opporre il fatto compiuto a degli illegittimi oppugnatori, Madre Teresa avrà la tattica di avvisare al mattino, al suono di una campanella, che un nuovo monastero è sorto in città.

Teresa è donna dalle grandi vedute e dai desideri infiniti: ella vuole che non manchi nel suo Ordine anche il ramo maschile.

Coinvolgere anche i frati

Medita quindi di introdurre nella sua Riforma anche i Carmelitani e vi riesce assai bene con Juan de la Cruz, che in Duruelo fonda il suo primo convento di Carmelitani Scalzi, nel 1568.

Essi avranno l’obbligo, oltre la Regola comune con le monache, ma senza clausura, di occuparsi, in parte, anche dell’apostolato diretto ed esteriore. Così, presto, si fonderanno ben 14 conventi maschili.

Arriva però, come sempre, l’ora della prova: tutte le opere di Dio sono contrassegnate dalla Croce.
La tempesta che pare affogare il nuovo Carmelo non trova Teresa impreparata. Ella, imperturbabile nella sua fierezza castigliana, persuasa di aver lavorato unicamente per la gloria di Dio, attraversa con calma e pazienza le molte persecuzioni che le sopravvengono da parte degli uomini e del demonio stesso, geloso di tanto bene.

Quando sembra che la sua opera venga distrutta, perché i noviziati sono chiusi, e capi della Riforma sono in carcere o fuori dalle proprie sedi, ella, dal monastero di Toledo, dove viene rinchiusa con la proibizione di uscirne, domina la tempesta.

Con la sua numerosa corrispondenza, rianima i colpiti, rinfaccia l’ingiustizia ai colpevoli, incita le figlie alla preghiera e coinvolge il Re per il trionfo della giustizia.Si abbandona soprattutto a Dio: viene infatti il momento della vittoria: la sua opera viene giuridicamente riconosciuta dall’autorità della Chiesa e costituita in un organismo a parte, indipendentemente dal vecchio tronco su cui era sbocciata.

Quando si tratta della gloria di Dio nessuno ferma Teresa: né la febbre che molto spesso la tormenta con i suoi malanni, né le opposizioni degli uomini, non la povertà, non gli assalti che deve subire da parte dell’inferno stesso.

È donna tutta d’un pezzo: è anche però Madre molto tenera, e la bontà naturale del suo cuore di donna sa bene temperarlo alla fiamma dell’amore divino, di cui arde come un braciere.

Sa rispondere a tutte le necessità delle figlie e se ne interessa, preoccupandosi per la loro salute materiale e spirituale, interpellando per loro, secondo le necessità, teologi e medici.

Le sue stesse effusioni con Madre Maria di S. Giuseppe, con Madre Anna, con la nipote Teresita e col P. Girolamo Gracián e molte altre persone, lasciano sorpresi per la sua calda tenerezza, per la spontaneità, la semplicità, il candore con cui apriva loro il suo cuore. Teresa era un’anima di fede; non conobbe mai la tentazione del dubbio.

Quanto più grandi erano i doni con cui Dio l’arricchiva, tanto più profondo era il sentimento della sua umiltà. Sapeva proprio soffrire quando un rapimento la sorprendeva in pubblico, come sapeva godere quando qualcuno la copriva di ingiurie.

Madre di anime e fondatrice di monasteri, si riteneva l’ultima di tutte e non voleva che le sue figlie le strappassero di mano la scopa e non volessero permetterle di lavare i piatti. Non usciva mai dalla sua bocca alcuna parola contro la carità e non si meravigliava mai delle debolezze altrui. Eccelleva nello spirito di ubbidienza, di povertà, di generosità, di prudenza.

Ma ella era grande soprattutto nell’amore, tanto che sapeva ripetere: “Signore, che altri vi serva meglio di me e che voi gli conserviate in cielo una maggiore felicità, ciò sia alla buon’ora: ne sono contenta; ma che vi sia uno che vi ami più di me, no, non lo so proprio sopportare”.

Trasaliva di gioia a ogni batter d’orologio per il pensiero di essersi avvicinata di un’ora al momento d’incontrarsi col suo Dio…

Ebbe davvero nella vita a soffrire moltissimo. Le sue continue infermità corporali non le lasciavano un momento di tregua; il martirio ineffabilmente doloroso a causa delle vie molto straordinarie per cui Dio la conduceva, l’incomprensione di confessori e di persone che la pensavano quasi indemoniata, la lotta stessa col demonio, che a volte pareva atterrirla, le ignominiose calunnie di alcuni nemici e dello stesso Nunzio Apostolico che la giudicò femmina inquieta e vagabonda le furono molte volte causa di gravi afflizioni. Con l’Amore che le bruciava il cuore, tuttavia, è lieta, anche in quelle occasioni, di poter donare qualcosa al suo Dio.

Il motivo però che pone Teresa tra le figure di primo piano, che hanno illuminato per secoli la Chiesa stessa, è senz’altro il suo sicuro e solido magistero, esplicato nella mistica, nella quale ha lasciato un’impronta veramente incancellabile della sua personalità più pratica che speculativa. Ella ha la capacità di spiegare il mistero di amore di Dio, vissuto nella sua esperienza, con una semplicità impressionante, grande dono anche questo di Dio stesso.

È solo attenta che il suo insegnamento non sia in contrasto con quello della Chiesa: in tale modo non vi è arcano della sua disciplina mistica, che ella non ricerchi e spieghi acutamente, salendo per tutti i gradi della contemplazione.

I più illustri teologi del suo tempo si stupivano nel vedere come da questa donna fossero state raccolte in un solo corpo di scritti le massime di teologia mistica, tramandate dai Padri della Chiesa. Dopo l’ultima fondazione, quella di Burgos, la più difficile contrastata di tutte, la sua giornata volse rapidamente alla fine. Arrivata un giorno ad Alba de Tormes, vi chiudeva gli occhi in pace, il 4 ottobre 1582, consunta più dall’amore che dalla malattia. Aveva sessantasette anni. Considerata dalla Chiesa “Madre degli spirituali”, cioè di coloro che cercano l’unione profonda con Dio, fu proclamata santa il 12 marzo 1622 e poi, il 27 settembre 1970, da Paolo VI Dottore della Chiesa.

Santa Teresa d’Avila Scrittrice

di Mariella Lentini

Scrittrice, è una delle quattro sole donne proclamate dottore della Chiesa (assieme alle Sante Caterina da Siena, Teresa di Lisieux e Ildegarda di Bingen). Una statua di Gian Lorenzo Bernini, la celebre Estasi di Santa Teresa, collocata nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma, la raffigura durante un’apparizione divina. Teresa nasce nel 1515 ad Avila (Spagna).

È un’adolescente intelligente, vivace, affascinante. Bella e molto corteggiata. Legge romanzi e si diletta a scriverli. Tuttavia presto si sente attratta verso la mistica adorazione di Dio. Il padre Alonso, cavaliere di origini nobili, non vuole che la figlia segua la sua vocazione. La ragazza, dall’indole ribelle, non si fa domare. A vent’anni la vulcanica Teresa scappa ed entra nel Convento carmelitano dell’Incarnazione della sua città. A causa di una malattia misteriosa che la rende paralizzata, entra ed esce dal convento per farsi curare a casa.

Santa Teresa Peter Paul Rubens – Kunsthistorisches Museum Wien, Bilddatenbank

Teresa dialoga spesso con Gesù e, durante queste “visioni celesti”, cade in estasi.

Teresa riceve anche il dono della “trasverberazione”: un angelo le trafigge il cuore con la punta di una freccia d’oro (il “divino amore”). A quarant’anni guarisce miracolosamente e, guidata dal sacerdote carmelitano Giovanni della Croce (futuro santo), inizia la sua straordinaria opera. Teresa riforma l’Ordine delle monache carmelitane istituendo rigidi principi di povertà e la regola di camminare scalze o con semplici sandali di legno e cuoio. Su ispirazione del Signore fonda in Spagna diciassette conventi di monache e frati, i Carmelitani Scalzi, che vivono con la sua Regola.

Teresa soffre per le limitazioni che le donne subiscono nell’epoca in cui vive e lo scrive nei suoi libri. Alcuni invidiosi denunciano Teresa al Tribunale dell’Inquisizione. Grazie all’aiuto del re di Spagna Filippo II il processo non ha seguito e per Teresa viene scongiurato il rogo. La santa scrive testi di grande spiritualità: Vita, Cammino di perfezione, Il castello interiore. Alcuni suoi celebri versi recitano: «Niente ti turbi, niente di spaventi. Tutto passa, Dio non cambia. La pazienza ottiene tutto. Chi ha Dio non manca di nulla». Si spegne nel 1582 ad Alba de Tormes. Protegge i fabbricanti di merletti e pizzi e gli scrittori cattolici. Viene invocata contro i disturbi cardiaci.

Pubblicato in origine su Santi e Beati – tratto da varie fonti

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