Dal Principe d’Egitto al Padre putativo di Gesù che Credette alla Beata Vergine Maria
Pubblicato su Gospa News il’8 sttembre 2023 in onore e memoria della Festa della Natività della beatissima sempre Vergine Maria, Madre di Dio
E tu, Betlemme di Èfrata,
così piccola per essere fra i villaggi di Giuda,
da te uscirà per me
colui che deve essere il dominatore in Israele;
le sue origini sono dall’antichità,
dai giorni più remoti.
Perciò Dio li metterà in potere altrui,
fino a quando partorirà colei che deve partorire;
e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele.
Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore,
con la maestà del nome del Signore, suo Dio.
Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande
fino agli estremi confini della terra.
Egli stesso sarà la pace!
Sacra Bibbia – Libro del profeta Michea (Mi 5,1-4a)
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Come nelle più romantiche e mistiche storie d’amore è l’arcana potestà dei sogni a tessere la corrusca trama dorata che unisce la vita di un uomo e di una donna sotto il segno ineffabile e sovente insondabile della Divina Provvidenza.
Nel giorno della Natività della SS Vergine Madonna (Gospa a Medjugorie, chi è sagace intenda…) la Liturgia della Parola narra la “Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo” per svelare la “discendenza regale e patriarcale” ricevuta in dono dal Messia in virtù del padre putativo Giuseppe.
Ma nello stesso capitolo 1 dell’apostolo ed evangelista San Matteo si rivela anche il sogno premonitore con cui l’angelo fugò i tormentosi dubbi che angariarono il falegname di Nazareth quando si trovò dinnanzi all’inattesa gravidanza della sua promessa sposa in apparente contraddizione con la sua verginità prematrimoniale.
Oggi desidero analizzare i profondi motivi di fede, speranza e carità che hanno misteriosamente mosso il cuore puro di Giuseppe predisponendolo ad accogliere e a non dubitare di quel divino messaggio ricevuto in forma onirica, come il successivo che consentì al neonato Gesù di scampare alla strage degli innocenti di Erode.
Il mistero si cela nella sua predestinazione che ben può essere riassunta dal motto latino “nome omen”, traducibile letteralmente con “il nome è un presagio” o a senso con “il destino in un nome”.
Giuseppe, infatti, era stato anche il nome del figlio prediletto del patriarca Giacobbe che divenne “principe d’Egitto“ ma è stato anche ribattezzato dalla cultura popolare e cinematografica come “il principe dei sogni”.
IL RACCONTO EVANGELICO DEL PRIMO SOGNO DI GIUSEPPE
Sacra Bibbia, Matteo 1, 1-24:
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giosafat, Giosafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa Dio con noi.
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.
L’IMPORTANZA DELLE RIVELAZIONI ONIRICHE NELLA BIBBIA
L’umile falegname di Nazareth, quindi, assunse la paternità legale del Salvatore senza quelle esitazioni che probabilmente avrebbero turbato ognuno di noi. Ciò fu reso possibile non solo dalla purezza e bontà del suo cuore che ne avevano fatto il “prescelto” da Dio al pari della Beata Vergine come riferito dal profeta Michea e dal Vangelo di Luca nel capitolo dell’Annunciazione dell’arcangelo Gabriele (Luca, 1, 26-38).
Ma anche dalla sua fede e devozione religiosa. In virtù di esse aveva una profonda conoscenza della Torah, ovvero i primi 5 libri dei 39 della Tanach (la Bibbia Ebraica, che è parte fondante dell’Antico Testamento cristiano nel quale vengono riconosciuti altri libri).
In virtù di quei manoscritti, che sono stati poi denominati Pentateuco dal Cristianesimo, Giuseppe era sicuramente ben consapevole della fulgida rilevanza del suo nome nella storia della Genesi, in quanto il suo omonimo era figlio del patriarca Giacobbe da cui ebbero prosperità le 12 tribù di Israele, tra cui quella di Giuda e di Re Davide alla cui stirpe lo sposo di Maria apparteneva.
Ebbene, proprio in virtù della tragica quanto fastosa storia del Giuseppe biblico, il suo omonimo di Nazareth non poteva ignorare che la disgrazia e l’immensa gloria di quest’ultimo derivarono proprio dal suo dono di ricevere sogni premonitori e saper interpretare quelli altrui.
I SOGNI DEL GIUSEPPE BIBLICO
Attesta la Paola di Dio nel libro della Genesi (37, 5-11), primo della Torah ebraica e del Pentateuco cristiano:
«Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai suoi fratelli; allora questi lo odiarono più che mai. Egli disse loro: «Ascoltate, vi prego, il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando dei covoni in mezzo ai campi, ed ecco che il mio covone si alzò e restò diritto; i vostri covoni si radunarono intorno al mio covone e gli s’inchinarono davanti». Allora i suoi fratelli gli dissero: «Regnerai forse tu su di noi o ci dominerai?» E l’odiarono ancor di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole.
Egli fece ancora un altro sogno e lo raccontò ai suoi fratelli, dicendo: «Ho fatto un altro sogno! Il sole, la luna e undici stelle si inchinavano davanti a me». Egli lo raccontò a suo padre e ai suoi fratelli; suo padre lo sgridò e gli disse: «Che significa questo sogno che hai fatto? Dovremo dunque io, tua madre e i tuoi fratelli venire a inchinarci fino a terra davanti a te?» I suoi fratelli erano invidiosi di lui, ma suo padre serbava dentro di sé queste parole.
Il figlio era il prediletto da Giacobbe in quanto primogenito della sua amata Rachele che lui perse prematuramente durante il parto del secondogenito Beniamino e che lui aveva sposato dopo essere stato indotto con l’inganno dallo zio e poi suocero Labano a maritare la sorella più grande Lia.
Ecco perché il livore dei figli di Lia li sospinse a gettarlo in una cisterna, come suggerito da Ruben per salvargli la vita dalla volontà degli altri di ucciderlo, e, su consiglio di Giuda per evitarne l’assassinio, poi venduto come schiavo, ai mercanti Ismaeliti madaniti che lo portarono in Egitto.
L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI DEI CARCERATI DEL RE
Tralasciamo per brevità le infauste pene patite dal povero Giuseppe in schiavitù, proprio perché si rifiutava di onorare le Divinità egiziane, che fu calunniato dalla moglie di Potifar, ufficiale del faraone e capitano delle guardie, per un presunto tentativo di abuso sessuale che lo portò in carcere dove erano detenuti i carcerati del Re.
Dove arrivò la sua salvezza proprio grazie ai sogni.
«Ma il Signore fu con Giuseppe, gli conciliò benevolenza e gli fece trovare grazia agli occhi del comandante della prigione.Così il comandante della prigione affidò a Giuseppe tutti i carcerati che erano nella prigione e quanto c’era da fare là dentro, lo faceva lui.Il comandante della prigione non si prendeva cura più di nulla di quanto gli era affidato, perché il Signore era con lui e quello che egli faceva il Signore faceva riuscire». (Genesi, 39, 21-23),
Attesta la Paola di Dio nel libro della Genesi (40, 2-23), primo della Torah ebraica e del Pentateuco cristiano:
Il faraone s’indignò contro i suoi due ufficiali, contro il capo dei coppieri e il capo dei panettieri; e li fece mettere in carcere nella casa del capo delle guardie, nella stessa prigione dove Giuseppe stava rinchiuso. Il capitano delle guardie li affidò alla sorveglianza di Giuseppe, il quale li serviva. Essi rimasero in prigione per un certo tempo
In una medesima notte, il coppiere e il panettiere del re d’Egitto, che erano rinchiusi nella prigione, ebbero tutti e due un sogno, un sogno per uno, e ciascun sogno aveva il suo significato particolare. Giuseppe, venuto la mattina da loro, li guardò e li vide tutti turbati.
Interrogò allora gli ufficiali del faraone che erano con lui in prigione nella casa del suo padrone, e disse: «Perché oggi avete il viso così triste?» Quelli gli risposero: «Abbiamo fatto un sogno e non c’è nessuno che ce lo interpreti». Giuseppe disse loro: «Le interpretazioni non appartengono a Dio? Raccontatemi i sogni, vi prego».
Giuseppe interpretò sia il sogno favorevole del capo dei coppieri che quello nefasto che prevedeva la morte del capo dei panettieri. Ed invitò il primo a non dimenticarsi di lui:
«Ma ricòrdati di me, quando sarai felice, e sii buono verso di me, ti prego; parla di me al faraone e fammi uscire da questa casa, perché io fui portato via di nascosto dal paese degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla per essere messo in questo sotterraneo» (Ge, 40, 14).
«Il terzo giorno, che era il compleanno del faraone, egli fece un banchetto per tutti i suoi servitori e alzò la testa al capo dei coppieri e la testa al capo dei panettieri in mezzo ai suoi servitori: ristabilì il capo dei coppieri nel suo ufficio di coppiere, perché mettesse la coppa in mano al faraone, ma fece impiccare il capo dei panettieri, secondo l’interpretazione che Giuseppe aveva loro data. Il gran coppiere però non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò». (Ge, 40, 20-23).
GIUSEPPE DIVENTA PRINCIPE D’EGITTO
Anche il capitolo 41 della Genesi è interamente dedicato ai sogni premonitori del Faraone che faranno la fortuna dello schiavo Giuseppe, figlio di Giacobbe (Ge, 41, 1-46)
Alla fine di due anni interi, il faraone fece un sogno. Egli stava presso il Fiume; e dal Fiume ecco salire sette vacche, di bell’aspetto e grasse, che si misero a pascolare nella giuncaia. Dopo quelle, ecco salire dal Fiume altre sette vacche di brutto aspetto e scarne, che si fermarono accanto alle prime, sulla riva del Fiume. Le vacche di brutto aspetto e scarne divorarono le sette vacche di bell’aspetto e grasse. E il faraone si svegliò.
Poi si riaddormentò e sognò di nuovo: ecco sette spighe, grosse e belle, venir su da un unico stelo. Poi, ecco germogliare sette spighe sottili e arse dal vento orientale che germogliavano dopo quelle altre. Le spighe sottili inghiottirono le sette spighe grosse e piene. E il faraone si svegliò: era un sogno. La mattina, lo spirito del faraone fu turbato; egli mandò a chiamare tutti i maghi e tutti i savi d’Egitto e raccontò loro i suoi sogni, ma non ci fu nessuno che li potesse interpretare al faraone.
Allora il capo dei coppieri parlò al faraone e gli narrò delle corrette interpretazioni delle visioni oniriche che aveva fatto “un giovane ebreo, servo del capo delle guardie”.
Allora il faraone mandò a chiamare Giuseppe. Lo fecero subito uscire dalla prigione sotterranea. Egli si rase, si cambiò il vestito e andò dal faraone. Il faraone disse a Giuseppe: «Ho fatto un sogno e non c’è chi lo possa interpretare. Ho udito dire di te che, quando ti raccontano un sogno, tu lo puoi interpretare». 16 Giuseppe rispose al faraone dicendo: «Non sono io, ma sarà Dio che darà al faraone una risposta favorevole».
Il re egiziano raccontò i sogni delle sette vacche e delle sette spighe e il figlio di Giacobbe li interpretò:
Allora Giuseppe disse al faraone: «Ciò che il faraone ha sognato è una stessa cosa. Dio ha indicato al faraone quello che sta per fare. Le sette vacche belle sono sette anni e le sette spighe belle sono sette anni; è uno stesso sogno. Le sette vacche magre e brutte che salivano dopo quelle altre, sono sette anni; come pure le sette spighe vuote e arse dal vento orientale saranno sette anni di carestia. Questo è quello che ho detto al faraone: Dio ha mostrato al faraone quello che sta per fare. Ecco, stanno per venire sette anni di grande abbondanza in tutto il paese d’Egitto. Dopo verranno sette anni di carestia; tutta quell’abbondanza sarà dimenticata nel paese d’Egitto e la carestia consumerà il paese. 31 Uno non conoscerà più di quell’abbondanza nel paese, a causa della carestia che seguirà, perché questa sarà molto dura.
Il fatto che il sogno si sia ripetuto due volte al faraone vuol dire che la cosa è decretata da Dio e che Dio l’eseguirà presto. Or dunque il faraone si provveda di un uomo intelligente e saggio, e lo stabilisca sul paese d’Egitto.
Il faraone faccia così: costituisca dei commissari sul paese per prelevare il quinto delle raccolte del paese d’Egitto durante i sette anni d’abbondanza. Essi raccolgano tutti i viveri di queste sette annate buone che stanno per venire e ammassino il grano a disposizione del faraone per l’approvvigionamento delle città, e lo conservino. Questi viveri saranno una riserva per il paese, in vista dei sette anni di carestia che verranno nella terra d’Egitto; così il paese non perirà per la carestia».
La cosa piacque al faraone e a tutti i suoi servitori. Il faraone disse ai suoi servitori: «Potremmo forse trovare un uomo pari a questo, in cui sia lo Spirito di Dio?» 39 Così il faraone disse a Giuseppe: «Poiché Dio ti ha fatto conoscere tutto questo, non c’è nessuno che sia intelligente e savio quanto te. 40 Tu avrai autorità su tutta la mia casa e tutto il popolo ubbidirà ai tuoi ordini; per il trono soltanto io sarò più grande di te».
Il faraone disse ancora a Giuseppe: «Vedi, io ti do potere su tutto il paese d’Egitto». Poi il faraone si tolse l’anello dal dito e lo mise al dito di Giuseppe; lo fece vestire di abiti di lino fino e gli mise al collo una collana d’oro. Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: «In ginocchio!» Così il faraone gli diede autorità su tutto il paese d’Egitto.
Il faraone disse a Giuseppe: «Io sono il faraone! Ma senza tuo ordine, nessuno alzerà la mano o il piede in tutto il paese d’Egitto». Il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Paneac e gli diede per moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On. Giuseppe partì per visitare il paese d’Egitto. Giuseppe aveva trent’anni quando si presentò davanti al faraone, re d’Egitto. Giuseppe uscì dalla presenza del faraone e percorse tutto il paese d’Egitto.
IL COMPIMENTO DEI SOGNI PROFETICI DI GIUSEPPE
Sarebbe ameno raccontare nel dettaglio la lunga storia dello schiavo ebreo diventato Principe d’Egitto grazie alla facoltà che Dio Onnipotente gli diede nell’interpretazione delle visioni oniriche. Ma per brevità mi limito a ricordare i momenti salienti quando giunse davvero la carestia e il padre Giacobbe, che dopo anni ancora lo piangeva come morto, mandò gli altri figli a comprare il grano in Egitto.
Quindi attesta la Genesi (42, 7-9):
Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma si comportò come un estraneo davanti a loro e parlò loro aspramente dicendo: «Da dove venite?» Essi risposero: «Dal paese di Canaan per comprare dei viveri». Giuseppe riconobbe i suoi fratelli, ma essi non riconobbero lui. Giuseppe si ricordò dei sogni che aveva avuto riguardo a loro e disse: «Voi siete delle spie! Siete venuti per vedere i luoghi indifesi del paese!»
E infatti li mise alla prova con vari sotterfugi per saggiare la loro bontà d’animo ma nel frattempo ebbe compimento il suo sogno profetico giovanile sui covoni che si sarebbero inchinati a lui:
Poi essi prepararono il dono, aspettando che Giuseppe venisse a mezzogiorno; perché avevano sentito che sarebbero rimasti lì a mangiare. Quando Giuseppe venne a casa, quelli gli porsero il dono, che avevano portato con sé nella casa, e s’inchinarono fino a terra davanti a lui. Egli domandò loro come stavano e disse: «Vostro padre, il vecchio di cui mi parlaste, sta bene? Vive ancora?» Quelli risposero: «Nostro padre tuo servo sta bene, vive ancora». Poi s’inchinarono e gli fecero riverenza. Giuseppe alzò gli occhi, vide Beniamino suo fratello, figlio di sua madre, e disse: «È questo il vostro fratello più giovane di cui mi avete parlato?» Poi disse a lui: «Dio ti sia propizio, figlio mio!» E Giuseppe s’affrettò a uscire, perché si era commosso nell’intimo per suo fratello; cercava un luogo dove piangere; entrò nella sua camera e pianse. (Genesi 43, 25-30)
Proprio per saggiare la lealtà dei fratelli nei confronti del più piccolo inventò l’escamotage del furto di una coppa ma Giuda, dopo aver narrato il dolore del padre Giacobbe quando gli racontarono che Giuseppe era stato sbranato da una belva, si offrì come schiavo al posto di Beniamino:
«Siccome il tuo servo si è reso garante del ragazzo presso mio padre e gli ha detto: “Se non te lo riconduco, sarò per sempre colpevole verso mio padre”, ti prego, permetti ora che il tuo servo rimanga schiavo del mio signore invece del ragazzo e che il ragazzo se ne torni con i suoi fratelli. Altrimenti, come farei a risalire da mio padre senza avere il ragazzo con me? Ah, che io non veda il dolore che ne verrebbe a mio padre».
Ecco quindi il lieto fine di una drammatica storia in cui trova compimento anche il secondo sogno profetico giovanile del figlio prediletto di Giacobbe (Genesi, 45, 1-10):
Allora Giuseppe non potè più contenersi davanti a tutto il suo seguito e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!» Nessuno rimase con Giuseppe quando egli si fece riconoscere dai suoi fratelli. Alzò la voce piangendo; gli Egiziani lo udirono e l’udì la casa del faraone. Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Io sono Giuseppe; mio padre vive ancora?» Ma i suoi fratelli non gli potevano rispondere, perché erano atterriti dalla sua presenza.
Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Vi prego, avvicinatevi a me!» Quelli s’avvicinarono ed egli disse: «Io sono Giuseppe, vostro fratello, che voi vendeste perché fosse portato in Egitto. Ma ora non vi rattristate, né vi dispiaccia di avermi venduto perché io fossi portato qui; poiché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita.Infatti, sono due anni che la carestia è nel paese e ce ne saranno altri cinque, durante i quali non ci sarà raccolto né mietitura.
Ma Dio mi ha mandato qui prima di voi, perché sia conservato di voi un residuo sulla terra e per salvare la vita a molti scampati. Non siete dunque voi che mi avete mandato qui, ma è Dio. Egli mi ha stabilito come padre del faraone, signore di tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d’Egitto. Affrettatevi a risalire da mio padre e ditegli: “Così dice tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l’Egitto; scendi da me, non tardare; tu abiterai nel paese di Goscen e sarai vicino a me: tu e i tuoi figli, i figli dei tuoi figli, le tue greggi, i tuoi armenti e tutto quello che possiedi.
Ecco il compimento del secondo sogno profetico di Giuseppe che suscitò l’ira dei fratelli: «Ho fatto un altro sogno! Il sole, la luna e undici stelle si inchinavano davanti a me».
Se le undici stelle sono infatti la visione chiaroveggente dei fratelli destinati a diventare le 12 tribù di Israele (nome ricevuto da Giacobbe dopo la sua lotta con Dio). Il numero deriva da un’interpretazione “fluida” in riferimento proprio ai due figli di Giuseppe, Manasse ed Efraim.
Quando la tribù di Levi viene considerata parte delle dodici tribù, le tribù di Giuseppe sono considerate come una sola. Ma quando la tribù di Levi non viene citata in quanto priva di territorio, le tribù di Giuseppe sono contate separatamente come Manasse ed Efraim perché dotate di proprietà territoriale.
Mentre gli astri del Sole e della Luna sono facilmente identificabili con le divinità cultuali della tradizione egiziana che si sono quindi inchinate al prescelto di Dio.
IL SOGNO PER LA FUGA IN EGITTO DELLA SACRA FAMIGLIA
Torniamo dunque al Giuseppe padre putativo di Gesù che essendo un devoto giudeo ben conosceva la vicenda gloriosa dei sogni premonitori del suo omonimo e pertanto proprio nella sua stessa denominazione portava già come un marchio di Dio la predestinazione a credere alla Verginità di Maria che ebbe il concepimento in virtù della prodigiosa intercessione dello Spirito Santo.
Fu certamente più facile per il falegname di Nazareth credere al secondo sogno (ben celebrato da Gaudenzio Ferrari in una magnifica cappella del Sacro Monte di Varallo in Piemonte) in quanto avvenne dopo l’adorazione dei pastori al santo bimbo nella grotta di Betlemme e dopo l’Epifania, grande manifestazione in Greco, narrata da San Matteo Evangelista (Mt. 2, 7-15)
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio.
Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino». Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d’Israele. Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: «Sarà chiamato Nazareno» ((Mt. 2, 19-23).
LA FEDE ED OBBEDIENZA A DIO MEDIATA DALLE VISIONI ONIRICHE
Ci sono molteplici massimi comuni denominatori tra il Giuseppe Principe d’Egitto e il Padre putativo di Gesù. Entrambi sono ebrei miti, misericordiosi, molto devoti al Dio Altissimo e sono pronti a mettere alla prova in ogni circostanza la loro fede anche nelle situazioni più complesse, imponderabili e disperate.
Ma entrambi di distinguono anche per la purezza d’animo illuminata dallo Spirito Santo che li rende pronti a recepire, sebbene in modo differente, le indicazioni del Padre Eterno mediate dalle visioni oniriche. Il figlio del patriarca Giacobbe-Israele si trova nella misteriosa situazione di non saper interpretare chiaramente i proprio sogni profetici ma di avere il dono di leggere quelli altrui, svolgendo quindi quella funzione che nel caso dello sposo di Maria è invece demandata all’apparizione degli angeli.
Queste due vicende, precedute dal sogno della scala di Giacobbe che meriterà un articolo a sé, sono emblematiche della potenza soprannaturale che spira nelle anime pronte a crede e sottomettersi a Dio al di là di ogni umano timore e ragionamento.
Le loro storie rappresentano anche la sublime poetica dell’Onnipotente che anche per guidare i suoi “umili servi” nelle loro missioni fondamentali per la storia del Popolo di Israele e per la nascita della Comunità Cristiana sa utilizzare una dolcezza e infinita degna delle più belle favole a lieto fine. Beato chi in Lui ed in esse Crede e Spera.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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